venerdì 6 agosto 2010

BODY LANGUAGE


Arriva in furgone o da un passaggio di accesso a un cortile. Lo aspettano come se dovesse portare le braciole per il barbecue e si emozionano come le groupie di una boyband. Vecchi video di Kimbo Slice, rimasti a galleggiare in rete, in cui lotta in un rimessaggio di barche o in un cortile. Sono l’idea stessa del combattimento di strada: due uomini che se le danno di santa ragione, ma uno dei due è la star: se ti spacca la faccia (o la testa…) non è un problema, anzi, hai avuto un grande onore. La sua personalità, quella del fighter invincibile, si è trasferita in te. La sua leggenda ti ha toccato e ha fatto di te un uomo migliore È un rito di passaggio tramite sottomissione, da cui non esce uno sconfitto ma un uomo.

Sono incontri passati alla storia, perché Kimbo Slice è divenuto un mito. Ormai combatte nel circuito dell’MMA, Mixed Martial Arts, e viene pagato per fare ciò per cui una volta rischiava di essere arrestato e sbattuto in galera. La sfida non è più quella, le scommesse non sono più clandestine. Quei video presi furtivamente per strada hanno l’estetica del cinema porno (e suscitano in noi lo stesso sentimento contrastante di assistere a uno spettacolo brutale ma eccitante) e sopravvivono non come documenti ma come territorio antropologico contemporaneo; dopo essere stati visti migliaia di volte hanno smesso di documentare un frammento di realtà, sono quasi coreografici nella loro violenza. Non hanno più niente di vero: finti, grotteschi, allegorici come un rito pagano. Kimbo ora lotta in televisione in una gabbia contro avversari preparati quanto lui, vince o perde, ma i suoi incontri clandestini sono le radici di una pratica. L’occhio indiscreto ha osservato e registrato un evento ripetibile.

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